Il C.o. Oreste DI VAIA

Croce al Valor militare “sul campo”

Con determinazione del 2 luglio 1941 e decreto del 18 dicembre 1941 del Ministro della Marina, a firma del massimo responsabile della guerra navale italiana, Ammiraglio Arturo RICCARDI (n. Pavia, 30 ottobre 1878 – m. Roma, 20 dicembre 1966), che già dal 1938 ricopriva l’importante incarico di comandante della I squadra navale e successivamente – nel dicembre 1940 - veniva nominato da Benito Mussolini Sottosegretario di Stato e Capo di Stato Maggiore della Marina, veniva conferito l’onorificenza della Croce al Valor militare “sul campo” al Cannoniere O. Oreste Di Vaia (matr. 74175) controfirmata anche dal Capo ufficio ricompense, Capitano di vascello Mario SIGNORINI. Di seguito riportiamo la motivazione:

La motivazione...

“Imbarcato su motonave addetta a rifornimento oltremare, nei tre viaggi compiuti in zone intensamente vigilate dal nemico contribuiva efficacemente al pieno successo delle missioni dando costante prova di fermezza e sereno ardimento”

(Mar Mediterraneo, dicembre 1940 – febbraio 1941)

Per il venticinquenne Oreste Di Vaia di Chiaiano – piccolo territorio alle porte della città partenopea che da anni era divenuto territorio della “grandissima Napoli futura”[1] – la Seconda Guerra Mondiale iniziò, come per tanti altri giovani italiani, con il “richiamo in servizio” nella giornata di domenica 2 giugno 1940. Un anno dopo, o poco più, il “richiamo alle armi per esigenze eccezionali” avvenuto il 18 agosto del 1939.

In quella calda giornata di giugno, giungeva così al “Mar. DEPO Napoli” per poi - due settimane dopo - venir imbarcato sull’incrociatore ausiliario Filippo Grimani (poi Città di Tripoli). Tre mesi di navigazione, per far poi ritorno ancora nel porto napoletano e successivamente essere destinato a Venezia.

Sarà proprio dalla città di Venezia, nell’autunno del ’40, sabato 14 settembre per la precisione, che prenderà nuovamente il mare, imbarcandosi sul naviglio mercantile Motonave “Calino” (nominativo internazionale IBHN (Matr. 320) e con nome in codice “Cercato”). La Calino era stata da poco requisita dalla Regia Marina proprio a Venezia (senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato) e pochi mesi dopo, il marinaio Di Vaia ritornò nuovamente a Napoli.

Il 5 novembre, in convoglio, la motonave lascia il porto partenopeo per la prima missione di guerra: destinazione Tripoli. In quel primo viaggio, la motonave, con 1170 tonnellate di fusti di benzina e materiali[2] della Regia Marina e della Regia Aeronautica oltre ad alcuni militari, si diresse successivamente nel Dodecaneso.

Il viaggio fu coperto da massima segretezza; la motonave solcò il Mar Mediterraneo a tutta velocità sulle tratte disegnate dal capitano tra l’Italia e Rodi, viaggiando quasi esclusivamente di notte, in modo da poter eludere la sorveglianza nemica e ridurre così le possibilità di essere intercettata. L’arcipelago del Dodecaneso, al tempo, era “altamente vigilato” e strettamente sorvegliato dalle Marine britannica e greca; la Calino nonostante viaggiasse per lo più senza scorta in mare era spesso sotto il controllo aereo di alcuni caccia italiani inviati per lo più da Lero a tutelare il carico della motonave italiana. Saranno “tre i viaggi compiuti in zone intensamente vigilate dal nemico” e venerdì 6 dicembre, la prima campagna bellica della Calino terminò con successo.

In quella campagna la motonave partita, ancora una volta, da Portolago (Lero), violò così il blocco navale del nemico e fu accolta festosamente dalla popolazione locale, essendo una delle pochissime navi a giungere nel Dodecaneso con i rifornimenti. Tornò, infine, in Patria con numerosi prigionieri. La gente di Rodi, inizialmente credette che la nave trasportasse anche provviste oltre al carico di fusti di benzina e materiali della Regia Marina, ma questi però dovranno attendere la fine del mese di dicembre per ricevere le agognate provviste che, una volta violato il blocco navale dalla Calino, furono portate a dall’incrociatore ausiliario RAMB III.

Conclusa la prima campagna militare, la motonave Calino giunse in Patria ed attese due mesi nel porto veneziano per poi, ad inizio febbraio, riprendere il mare….

Una riproduzione su tela della Calino (archivio DI TRAPANI)

Per gentile concessione di Carmela DI VAIA (figlia del C.o. Oreste)

Oreste Di Vaia, era mio nonno padre di mia madre Carmela, è nei miei ricordi dei “fattariell” – così chiamava in dialetto napoletano i racconti del suo passato in Marina. Sono cresciuto con quei racconti, forse addolciti per poter essere raccontati ad un bambino di poco meno di dieci anni e forse finanche enfatizzati e mitizzati nella mia mente ma che testimoniano la realtà di molti uomini, padri e nonni che hanno vissuto la Guerra.

Sono trascorsi 21 anni da quel giovedì in cui mio nonno passò a miglior vita e da quando mia madre volle donarmi le cartelline rosa ricche di documenti e, soprattutto, delle Croci al Valor militare “sul campo” che naturalmente conservo gelosamente; ho faticosamente cercato testimonianze di quei racconti (“fattariell” come li chiama lui) imbattendomi nella cruda realtà di una guerra che ha segnato la vita di mio nonno e di tantissimi, forse troppi, altri nostri nonni e genitori.

Nei lunghi anni trascorsi ho trovato molto e sono certo che potrò ancora trovare tante altre storie che culminano con il racconto più intenso quello del naufragio, il più drammatico. Mio nonno raccontava di un naufragio, di tre giorni e due notti passati in balia delle onde nel mare gelato di un freddissimo mese di gennaio. Raccontava di essere stato recuperato ed issato a bordo di una scialuppa con una fune stretta intorno al proprio corpo, una fune che però più di tre volte non riusciva a trattenere il suo corpo infreddolito e reso viscido dal freddo mare di gennaio. Fu poi, una volta salvato, trasportato in ospedale dove quasi al limite del congelamento veniva più volte scaldato da acqua calda (bollente ndR) che però la sua pelle neppure riusciva a sentire…Raccontava, ancora, di quando gli ufficiali della Marina raggiunsero la mia bisnonna che portava il nome di mia madre Carmela (esempio di “supponta” questo in dialetto è il modo di definire l’usanza di dare al proprio figlio il nome del genitore) per dare lei la triste notizia che il figlio Oreste era disperso in mare. La storia che mio nonno terminava, sapendo di parlare ad un bambino, con un lieto fine e forse nella volontà del nonno finanche comico: quello cioè della madre piangente ripresasi per la tragica notizia e che alla vista di Oreste tornato a casa incolume sveniva per la sorpresa di vederlo fortunatamente vivo ed in salute. Racconti epici e, forse, resi ancor più emblematici perché idealizzati dalla mia mente di bambino che necessitano doverosamente non solo di essere raccontati ancora una volta ma di essere condivisi.

Ho cercato tanto e trovato, fortunatamente moltissimo; sono riuscito, infatti, non solo a risalire agli accadimenti di quella prima campagna militare che valse al cannoniere Oreste Di Vaia la croce al Valor militare poco prima raccontata, ma ho potuto trovare molto altro. Ho, infatti, trovato molte altre storie, numerose altre campagne militari che videro impegnata la motonave Calino fino al gennaio del 1943, e precisamente ho trovato notizie fino alla notte del 10 gennaio in cui colò a picco "per fatti d'arme" nel mare di Capri. La motonave, urtò una mina, fu tentato anche il rimorchio ma lo scafo si capovolse e affondò; “la perdita avvenne con evento notturno” riportarono le cronache. Ma, magari, questi altri “fattariell” potranno essere oggetto di successivi racconti…

Prof. Ph.D. Giovanni Di Trapani

Note

[1] Tratto da un discorso di Benito Mussolino: «Io vedo la grandissima Napoli futura, la vera metropoli del Mediterraneo nostro - il Mediterraneo ai mediterranei - e la vedo insieme con Bari (che aveva sedicimila abitanti nel 1805 e ne ha centocinquantamila attualmente) e con Palermo costituire un triangolo potente di forza, di energia, di capacità; e vedo il fascismo che raccoglie e coordina tutte queste energie, che disinfetta certi ambienti, che toglie dalla circolazione certi uomini, che ne raccoglie altri sotto i suoi gagliardetti.»

[2] Le cronache dell’epoca ed i cartigli di bordo raccontano che trasportava - in quel primo viaggio - cemento, reticolati e mitragliatrici richieste, già nell’estate precedente, dal governatore del Dodecaneso Cesare De Vecchi.