I mezzi navali

Il 10 giugno del 1940 la Regia Marina disponeva di una flotta che per dislocamento complessivo occupava il quinto posto tra quelle mondiali. Con caratteristiche specificatamente di scorta ai convogli possedeva però solo quattro avvisi scorta (nota 1) della classe “Orsa” e il cacciasommergibili sperimentale Albatros. Questa situazione era la conseguenza degli orientamenti dell’ammiraglio Cavagnari, Sottosegretario dall’8/11/33 e Capo di Stato Maggiore della Marina dall’1/6/1934, che durante il suo mandato ai vertici della Forza Armata aveva privilegiato la costruzione di unità “da battaglia”. Egli, infatti, era assertore del principio che solo la battaglia navale era risolutiva nella guerra sul mare.

Inoltre, poiché le tre Forze Armate erano imbrigliate nelle gabbie concettuali di tre guerre distinte ed ancorate al principio del valore decisivo della guerra nel rispettivo elemento, non esisteva né un’aviazione navale né una specifica preparazione dell’Aeronautica ad operare sul mare in collaborazione con le unità navali.

Prima della guerra Cavagnari aveva ipotizzato che all’eventuale scorta dei convogli potevano essere destinate solo le navi più antiquate. Nel dopoguerra, aveva sostenuto che la guerra dei convogli non era stata né l’epicentro della guerra del Mediterraneo né il compito principale della Marina ma, aveva rappresentato solo un “ingente gravame, tanto deprecato fin da lontani tempi”, quasi inaspettato, non gradito che addirittura avrebbe dovuto e potuto essere evitato (Cernuschi , Domenico Cavagnari storia di un ammiraglio, 2001).

A guerra iniziata, a causa della mancanza di specifiche unità, per la scorta dei convogli più importanti era stato quindi giocoforza ricorrere ai cacciatorpediniere delle classi più anziane quali i “Sella”, i “Turbine”, i “Freccia”, i “Navigatori”, in quanto non più idonei al servizio di Squadra. Tutti erano però caratterizzati da scarso armamento antiaereo e antisommergibile che sarebbe stato gradualmente sostituito e migliorato. La scorta degli altri convogli e la caccia vera e propria alle unità subacquee nemiche era stata affidata alle torpediniere[1] che non erano però particolarmente adatte al compito assegnato per autonomia, qualità nautiche e manovrabilità.

Dal dicembre 1940, il nuovo responsabile della Marina, l’ammiraglio Riccardi avrebbe impostato la futura politica costruttiva della Regia Marina su basi decisamente diverse rispetto al passato. Molto più fiducioso rispetto al suo predecessore circa le capacità tecniche ed industriali dei cantieri italiani, avrebbe assegnato la priorità del suo mandato alla difesa del traffico, mirando di conseguenza a realizzare un programma d’emergenza centrato sulle unità di scorta, un tipo di nave pressoché ignorato nei precedenti vent’anni. Rispondeva a questo programma l’impostazione delle sedici torpediniere di scorta classe “Aliseo”, delle sessanta vedette antisommergibile (V.A.S.) e di un numero analogo di corvette della classe “Gabbiano”. Queste ultime si sarebbero dimostrate ottime unità. Oltre ai motori a combustione interna per la marcia normale erano dotate di due motori elettrici per la marcia silenziosa. Questo consentiva durante la prima fase della caccia al sommergibile immerso, di eseguire la ricerca idrofonica ed ecogoniometrica in condizioni migliori per la quasi totale assenza di vibrazioni e di sorgenti rumorose. Rendeva inoltre più facile avvicinarsi all’obbiettivo senza essere scoperti.

Sarebbero entrate in servizio fino all’armistizio, dal marzo 1942 51 V.A.S. di due differenti tipi, mentre dall’ottobre successivo 29 corvette.

Anche le unità maggiori della Regia Marina avevano partecipato alle “battaglie dei convogli”, come scorta indiretta ai maggiori convogli. Su 50 missioni belliche effettuate dalle corazzate e su 422 missioni belliche degli incrociatori le missioni di protezione al traffico erano state rispettivamente 14 (28%) e 150 (35,5%). Gli incrociatori in 22 missioni (5,2%) erano stati anche vettori per il trasporto di materiali.

Tabella 1 - I cacciatorpediniere e torpediniere della Regia Marina all’inizio delle ostilità.

* unità dislocate a Massaua in Mar Rosso

** due unità dislocate a Massaua in Mar Rosso

N.B.: l’anno si riferisce a quello di completamento dell’unità.

Durante la guerra le siluranti avevano svolto una intensa attività subendo sensibili perdite. Nella riunione con Mussolini del 29 gennaio 1943, quando la seconda battaglia dei convogli era appena terminata, l’ammiraglio Riccardi aveva dichiarato per i cacciatorpediniere le seguenti cifre: esistenza (nel 1940) 59, perduti 33, costruiti 8, perdita del 56%; per le torpediniere: esistenza (nel 1940) 55, perdute 27, costruite 17, perdita del 50% (Botti, Strategia e logistica in un’ottica interforze - L’Italia in guerra il terzo anno - 1942 - Commissione Italiana di Storia Militare, 1993).

Le percentuali delle perdite riferite da Riccardi erano calcolate sulle siluranti in servizio all’inizio del conflitto e non rispetto al totale entrato in servizio al 29 gennaio, comprensivo di quelle costruite fino ad allora (tra le quali erano incluse le prede belliche) e, comunque, comprendevano anche le unità perse in Mar Rosso. Invece, l’Audace e le 11 unità delle classi “Pilo” e “Sirtori” non erano comprese tra quelle esistenti perché non utilizzabili per la scorta d’altura a causa della loro obsolescenza.

Le cifre dell’Ufficio Storico della Marina riferite all’intera guerra in tutti i teatri e su tutte le rotte, e quindi non solo verso l’Africa Settentrionale, danno come perdite 45 cacciatorpediniere (comprendendo anche il secondo affondamento sia del Lampo sia del Pancaldo, le 7 unità del Mar Rosso e il Lubiana ex-jugoslavo) e 44 torpediniere (comprendendo 2 siluranti di quelle escluse dal computo di Riccardi perché obsolete, 2 del Mar Rosso e 3 ex-francesi cedute ai tedeschi) a fronte di rispettivamente 5 e 16 nuove costruzioni (biblio 21 e biblio 22 pag. 130). Queste precisazioni possono sembrare eccessive ma spiegano le frequenti discrasie che si verificano tra i dati forniti dai diversi autori, pur basati sulle stesse fonti. L’aggregare o disaggregare gli stessi dati originali, secondo specifici criteri, facendo emergere un particolare piuttosto che un altro, può comportare una diversa interpretazione più o meno corretta o condivisibile degli avvenimenti.

Note:


[1] I cacciatorpediniere, nati per combattere le torpediniere (da torpedine ossia siluro), finirono per assorbirne i compiti determinandone la scomparsa da quasi tutte le flotte. Nella marina italiana il termine torpediniera sarebbe rimasto, ma solo per indicare una sottoclasse di cacciatorpediniere.

In base ad una disposizione del 1929, le siluranti da mille a tremila tonnellate erano chiamate cacciatorpediniere, quelle di tonnellaggio inferiore erano denominate torpediniere. Nel 1938 le unità fino ad allora denominate “esploratori” furono declassate a cacciatorpediniere, mentre gli “avvisi” e alcuni vecchi cacciatorpediniere, di dislocamento superiore alle mille tonnellate, furono declassati a torpediniere.