Le ultime regine del mare

Negli anni Sessanta la scienza italiana fu celebrata attraverso due grandi navi, fra le più imponenti costruite a Monfalcone, in pieno boom economico: la Galileo Galilei e la Guglielmo Marconi, rispettivamente di 27.866 tsl e 27.905 tsl e ordinate ai Cantieri Riuniti dell’Adriatico dal Lloyd Triestino S.p.A. di Navigazione. Di certo non spiccarono per sfarzo, cui fu invece preferito un garbato decoro, Il primato riguardò ben altro. L’ingegneria navale stava facendo passi da gigante. Per l’epoca e il contesto. La Galileo Galilei, considerata all’avanguardia per le sue caratteristiche tecniche, fu ad esempio insignita del Premio ANIAI, riconoscimento dell’Associazione Nazionale Ingegneri Architetti Italiani, con la seguente motivazione: «La T/n Galileo Galilei, del Lloyd Triestino, costruita dai Cantieri Riuniti dell’Adriatico, fra le grandi navi di linea realizzate in Italia nell’ultimo settennio è quella che ha richiamato in modo particolare la attenzione della Commissione, non tanto per le sue caratteristiche di funzionalità e di tradizionale buon gusto, che hanno fatto di questa nave uno dei più ambiti mezzi di trasporto sulla Rotta dell’Estremo Oriente e dell’Australia, quanto per alcune caratteristiche tecniche, di indiscussa originalità, che hanno assicurato alla nave valori di efficienza mai raggiunti contemporaneamente in precedenti opere navali mercantili». Quali? «La cosiddetta sede d’onda» precisava la motivazione «introdotta nella parte prodiera della carena, il rigonfio centrale dello scafo a guisa di controcarena subacquea, sono originali innovazioni tecniche che hanno consentito di ridurre considerevolmente la resistenza al moto e di incrementare la stabilità per le condizioni di nave scarica o semiscarica, con conseguente eliminazione dello zavorramento permanente: risultati tecnici che si traducono in importanti benefici economici di esercizio»[1].

La Guglielmo Marconi ne condivise caratteristiche tecnico-alberghiere. Comune alle due unità fu anche l’apparato motore composto da tre caldaie tipo CRDA-Barcock & Wilcox, due gruppi turboriduttori tipo CRDA-De Laval, realizzati dalla Fabbrica Macchine Sant’Andrea, nonché dagli ausiliari per i servizi di macchina e di bordo.

Il 15 gennaio del 1963 fu varata la Oceanic, turbonave passeggeri di 39.241 tsl ordinata ai Cantieri Riuniti dell’Adriatico dalla Home Line Inc. di Panama. Transatlantico di lusso dalla linea esterna alquanto elegante, con prua a clipper e sede d’onda, poppa tipo incrociatore assai slanciata, sovrastrutture continue sormontate da un albero carenato a prua e da un elegante fumaiolo a poppa, dotata di stabilizzatori tipo Denny Brown, il 24 aprile del 1965 la Oceanic partì per il suo viaggio inaugurale da Trieste, diretta a New York e da qui alle Bahamas.

La Eugenio C. turbonave passeggeri di 30.567 tsl costruita per la Costa Armatori S.p.A. di Genova fu l’ultima delle grandi navi. Confortevole e sicura, realizzata con arredamenti d’alta classe, ampi saloni, verande luminose, spazi per attività ludiche e piscine all’aperto, provvista di stabilizzatori tipo Denny Brown, nonché dei più moderni ritrovati tecnici, varata il 21 novembre del 1964, partì da Genova per il suo viaggio inaugurale il 22 agosto del 1966, diretta a Buenos Aires, realizzando la sua prima traversata alla velocità di 27,5 nodi. Rispetto a tutte le altre unità entrate in servizio fino a quel momento, la Eugenio C. si distinse per la sistemazione dell’apparato motore nella zona poppiera e per due fumaioli appaiati dalla forma aerodinamica e originale studiata per ridurre al minimo il fastidio della ricaduta sui ponti dei prodotti di combustione. Lo scafo invece ricalcò la linea iniziata dai Cantieri Riuniti dell’Adriatico sui tipi Galilei e confermata sulla Oceanic, con prua a cutter e poppa molto slanciata di tipo whale boat, con riquadro sotto la linea di galleggiamento atto a ridurre l’onda di poppa e a migliorare il rendimento della carena.

Il 1966 segnò la confluenza dei Cantieri Riuniti dell’Adriatico e della Ansaldo, le due maggiori realtà cantieristiche del paese, nella Italcantieri, nuova società del gruppo IRI. Da quel momento il Cantiere di Monfalcone si orientò verso la costruzione di navi cisterna, motoscafi Bora, unità militari.

Il 30 giugno del 1984 la Fincantieri fu trasformata in società operativa, con sede a Trieste, assumendo la ragione sociale di Fincantieri Cantieri Navali S.p.A. Nel 1985 incorporò la Italcantieri, la Cantieri Navali Riuniti – cui facevano capo gli stabilimenti di Genova, Muggiano, Riva Trigoso, Genova, Palermo – la Grandi Motori Trieste, il Cantiere Navale Breda di Venezia Marghera, l’Arsenale Triestino San Marco, i Cantieri Navali e le Officine Meccaniche di Venezia, il Cantiere Navale Luigi Orlando di Livorno, la Società per l’Esercizio dei Bacini Meridionali di Napoli. Fu, per la cantieristica del paese, l’inizio di un’importante fase di riorganizzazione, risanamento, rilancio. Sarà in questo rinnovato contesto che il cantiere di Monfalcone farà del ritorno alla costruzione delle navi passeggeri e anni dopo la partenza della Eugenio C. il punto di forza della sua nuova storia, rientrando in un mercato di nicchia come poteva essere allora quello dei cruise liners, al riparo dalla concorrenza dei cantieri dell’Estremo Oriente, privi del know-how necessario nel campo delle costruzioni navali ad alto contenuto tecnologico.

Note

[1] «Un nuovo cantiere austriaco», in L’Osservatore Triestino, 31 gennaio 1907, p. 2.

Articolo di «Diacronie. Studi di Storia Contemporanea»[1] N° 12, 4| 2012 - Sulle tracce delle idee; pubblicato sotto Licenza Creative Commons (CC BY-NC-ND 2.5), riprodotto secondo le indicazioni dell’Editor ovvero “a patto di citarne l’autore e la fonte originaria, di non modificarne i contenuti e di non usarli per fini commerciali. La citazione di estratti è comunque sempre autorizzata, nei limiti previsti dalla legge”.

di Stefania Elena Carnemolla