La nascita del Cantiere Navale Triestino

Le navi continuano a essere costruite, a Monfalcone, nel grande stabilimento che guarda verso Trieste. Sono ormai trascorsi più di cento anni da quando la famiglia Cosulich, originaria dell’isola di Lussino, nel golfo del Quarnaro, vi avviò la costruzione di un cantiere dalle alterne vicende e tuttavia destinato a lasciare una traccia nella storia dell’industria navale italiana, grazie, soprattutto, alle navi passeggeri, nonché alle tante unità da carico e militari. Ma a Monfalcone sarebbero stati anche costruiti idrovolanti, carrozze ferroviarie, motoscafi, fra cui i Bora, in voga negli anni Sessanta, navi officine semisommergibili, come la Micoperi 7000, ponti in ferro, come il Polvorilla, pensato per il collegamento fra Cile e Argentina.

L’arrivo dei Cosulich, Callisto e Alberto, a Monfalcone – ma già attivi a Trieste con l’Unione Austriaca di Navigazione[1] e, ancora prima, con la F.lli Cosulich – coincise con l’emanazione della legge del 23 febbraio del 1907 per la «sovvenzione della marina mercantile e il promovimento delle costruzioni navali»[2]. Un inedito per la legislazione austriaca in virtù dei contributi di costruzione, che andavano ad affiancarsi a quelli tradizionali di viaggio ed esercizio, ora concessi ai cantieri. Nel momento in cui la crescita dei traffici marittimi continuava a far registrare un incremento della domanda di unità navali, la mossa di Vienna fu interpretata come una misura atta a contenere l’arricchimento dei cantieri e degli armamenti stranieri, il tutto a favore dei corrispondenti comparti nazionali. Gli stessi Cosulich si erano dovuti rivolgere ai cantieri inglesi, considerati all’avanguardia nel settore, né avrebbero potuto fare altrimenti dal momento che i cantieri locali, tranne l’Arsenale del Lloyd Austriaco, si erano rivelati inadeguati per l’allestimento di navi di grosso tonnellaggio, ciò di cui i Cosulich necessitavano per le loro attività[3]. Gran parte dei cantieri, come quello di San Marco, nato come squero a Trieste nel 1839, erano stati inoltre monopolizzati dalla Marina austro-ungarica. Né il cantiere di San Rocco, nella vicina Muggia, avrebbe potuto sostenere, da solo, l’incremento di commesse di naviglio per l’armamento libero. Davanti alla prospettiva di uno sviluppo delle costruzioni navali nella regione, i Cosulich maturarono pertanto l’idea di un proprio cantiere, ciò che avrebbe consentito loro di ampliare le proprie attività e di affrancarsi gradatamente dai cantieri d’Oltremanica, tanto più che la svalutazione del fiorino austriaco nei confronti della sterlina iniziava a gravare sui tanti acquisti, all’estero, delle navi societarie.

Prima ancora che la nuova disposizione venisse pubblicata sul «Bollettino delle leggi dell’Impero», il 31 gennaio del 1907 «L’Osservatore Triestino» annunciò la costruzione di un cantiere ad opera dei due armatori lussiniani: «Gli effetti della legge concernente la sovvenzione alla marina mercantile ed il promuovimento delle costruzioni navali, testè votata dal Parlamento, si fecero sentire – scrive la Triester Zeitung di ieri – bentosto ed in misura tale quale non se la sarebbe aspettata il migliore degli ottimisti. Astrazion fatta dagli ingrandimenti e dagli ampliamenti dei cantieri che esistono a Trieste, possiamo già oggi dare relazione di un nuovo e grande cantiere, arredato modernamente, che dovrà sorgere a Monfalcone nei pressi delle linee della Südbahn o della ferrovia dello Stato. Imprenditori sono i Fratelli Cosulich, di cui sono note le relazioni coll’Austro-Americana e col Bankverein di Vienna, rispettivamente colla Banca commerciale triestina. I passi formali per la nuova impresa sono già avviati e fra giorni verrà presentata all’i.r. Luogotenenza di Trieste la domanda per la concessione della costituzione di una società per azioni con un capitale di 4 milioni di Corone allo scopo d’esercire il cantiere. Oltre a ciò, i lavori preliminari pratici sono già al punto che è stato acquistato il fondo necessario e sono state già ordinate alcune macchine, dopo di che inizieranno tosto i lavori di costruzione del cantiere. I fondi confinano col canale navigabile di Monfalcone e col grande bacino annessovi, che recentemente fu scavato e che colla sua estensione di oltre 500.000 metri quadrati offre un posto riparato per lo sviluppo di un importante esercizio di cantiere. Nel cantiere verranno stabiliti, per ora, cinque vasamenti sui quali sarà possibile di costruire contemporaneamente cinque grandi piroscafi da 10.000 tonnellate ciascuno. Oltre a ciò, verrà provveduto per la costruzione di macchine, caldaie e di tutti gli altri oggetti d’armo. Il macchinario corrisponderà alle esigenze della tecnica moderna e la forza motrice principale verrà fornita dall’acqua, dall’elettricità e dall’aria compressa. Si ha intenzione di incominciare ancora quest’anno colla costruzione di piroscafi per poterli fornire pronti già nel 1908. Un largo spazio di terreno è riservato per un dock asciutto. I lavori per quest’ultimo non verranno però iniziati tosto, ma si avvieranno dapprima trattative coll’i. e r. Marina da guerra allo scopo di colmare la lacuna di un grande dock asciutto per le navi più grosse della nostra marina da guerra e per i piroscafi da passeggeri. L’esercizio della nuova impresa sarà del tutto separato da quello dell’Austro-Americana. L’impresa conta di potere sviluppare proficuamente la propria attività anzitutto per l’Austro-Americana poi per il Lloyd austriaco e per gli armatori della navigazione libera»[4].

Come si arrivò a Monfalcone? Per i lavori di ampliamento del porto di Trieste si erano resi necessari ingenti quantitativi di ghiaia e altrettanti di sabbia che la Pietro Fiaccanoni & C. era riuscita a reperire nei terreni acquitrinosi della Baia di Panzano, a ovest del porticciolo di Portorosega. I Cosulich, accordatisi con la società, sfruttarono gli scavi per poter ottenere due bacini comunicanti con il mare, provvisti di buoni fondali, distanti pochi chilometri dal centro abitato di Monfalcone e a non più di sedici miglia marittime da Trieste, loro porto d’armamento. L’area di Panzano, costeggiata dal canale navigabile Valentinis, era inoltre alimentata dall’acqua dolce del Canale dei Dottori, l’ideale per immergervi le carene delle navi in allestimento.

Il 3 aprile del 1908 fu costituita la società per azioni Cantiere Navale Triestino presieduta da Alberto e Callisto Cosulich. Li affiancò Arthur Kuffler, presidente dell’associazione degli industriali cotonieri austriaci e in stretti legami con il Credit-Anstalt, potente banca austriaca. Estimatori dei metodi dell’industria navale britannica, i Cosulich chiamarono alla guida del Cantiere l’ingegnere scozzese James Stewart, già ispettore tecnico dell’Unione Austriaca di Navigazione, e, in qualità di ingegnere capo, Andrew Munroe. Dal Regno Unito giunsero anche duecento operai specializzati per le varie categorie del gruppo ferro, mentre per la carpenteria in legno Stewart si rivolse a maestri d’ascia lussiniani e istriani. Ribattini, criccatori e addetti alla manovalanza furono invece reclutati tra la gente del Carso e i contadini dell’istriano.

Note

[1] Nata dalla fusione tra la F.lli Cosulich e la Austro-Americana, società di navigazione dedita ai traffici d’oltremare creata nel 1895 dagli industriali viennesi Schenker e dalla Burrell & Son di Glagow, di cui i Cosulich rilevarono le quote.

[2] Bollettino delle leggi dell’Impero per i Regni e Paesi rappresentati nel Consiglio dell’Impero, Vienna, Coi tipi dell’I.R. Stamperia di Corte e di Stato, 1907, pp. 297-302.

[3] Nel 1900 i Cosulich avevano inaugurato una regolare linea commerciale con il Nord America e, nel 1904, una per emigranti e passeggeri di classe.

[4] «Un nuovo cantiere austriaco», in L’Osservatore Triestino, 31 gennaio 1907, p. 2.

Articolo di «Diacronie. Studi di Storia Contemporanea»[1] N° 12, 4| 2012 - Sulle tracce delle idee; pubblicato sotto Licenza Creative Commons (CC BY-NC-ND 2.5), riprodotto secondo le indicazioni dell’Editor ovvero “a patto di citarne l’autore e la fonte originaria, di non modificarne i contenuti e di non usarli per fini commerciali. La citazione di estratti è comunque sempre autorizzata, nei limiti previsti dalla legge”.

di Stefania Elena Carnemolla