La seconda battaglia dei convogli

All’inizio del 1942 la situazione nel Mediterraneo si presentava per l’Asse particolarmente propizia benché il diretto intervento in guerra degli U.S.A., a seguito del proditorio attacco giapponese a Pearl Harbor (7 dicembre 1941), ponesse, in prospettiva, inquietanti interrogativi. La Mediterranean Fleet, che già non disponeva più di portaerei, era ora rimasta priva anche di corazzate, per le perdite accusate negli ultimi mesi del 1941 e, tenuto conto delle esigenze sugli altri mari, non aveva potuto ricevere i rinforzi necessari, riducendosi così alla più completa impotenza. Era accaduto, infatti, che la “Forza K” incappasse su uno sbarramento di mine, a margine delle operazioni che avevano portato al cosiddetto “primo scontro del golfo della Sirte” (17 dicembre). Inoltre, l’attacco subito in porto, 19 dicembre 1941 ad Alessandria, ad opera di tre mezzi d’assalto italiani (siluri a lenta corsa o S.L.C., chiamati “maiali”), aveva privato la Mediterranean Fleet di entrambe le corazzate (la Queen Elizabeth e la Valiant) allora disponibili, dopo che l’altra (la Barham) era stata affondata il mese precedente da un sommergibile tedesco in mare aperto.

Pertanto, la Regia Marina, inizialmente in maniera inconsapevole, aveva conseguito il controllo virtuale del Mediterraneo centro-orientale con ovvie e proficue ripercussioni sui trasporti marittimi e sulle operazioni in Africa Settentrionale: Rommel con due successive offensive (gennaio-febbraio e maggio-luglio) sarebbe arrivato alle porte di Alessandria minacciando il Medio Oriente, cuore dell’Impero britannico, e ponendo in serio pericolo di imbottigliamento l’ormai annichilita Mediterranean Fleet.

La reazione dei britannici non poteva perciò farsi attendere. Tra le due grandi operazioni navali per il rifornimento di Malta, di giugno (“Harpoon”) e di agosto (“Pedestal”), i britannici erano passati all’offensiva contro le linee marittime di comunicazione dell’Asse con la Libia.

L’allungamento delle vie di rifornimento, marittime e terrestri, esponeva più facilmente i convogli dell’Asse alle offese avversarie, che non potevano più essere condotte con le navi di superficie, ed erano sostenute dai sommergibili e soprattutto dall’aviazione. I sommergibili britannici erano però costretti ad operare dalla lontana Haifa e solo da fine luglio anche da Malta. Così mentre aerei, commandos e gruppi autocarrati offendevano la lunga strada delle retrovie libiche, agli inizi dell’estate si accendeva in Mediterraneo la “seconda battaglia dei convogli” (luglio-novembre 1942). La schiacciante superiorità aerea degli Alleati ostacolava efficacemente il traffico marittimo dell’Asse con la Libia. L’autonomia (2.750 km) dei grandi bombardieri statunitensi Liberator era più che esuberante per il Mediterraneo e gli aerosiluranti Bristol-Beaufort, da poco giunti a Malta, avevano un raggio d’azione di quasi 400 miglia.

Nel secondo semestre del 1942 gli affondamenti in Mediterraneo, in porto e in navigazione, delle navi mercantili dell’Asse si erano triplicati rispetto al semestre precedente. Il 90% circa dei successi era da ascrivere, in pari percentuale, a sommergibili ed aerei. Le petroliere avevano costituito la preda preferita, incidendo sensibilmente sugli approvvigionamenti di combustibili liquidi per l’Africa Settentrionale. Tra luglio e novembre era giunto a destinazione circa il 65% dei già esigui combustibili partiti, rispetto al 97% circa del semestre precedente. L’insufficienza dei rifornimenti era, infatti, solo in parte da imputarsi agli affondamenti, su di essa incideva anche la scarsità delle risorse disponibili (vettori e materiali) per l’invio in Libia e la limitata ricettività dei porti di sbarco.

Tabella 4: trasporti dall’Italia alla Libia nel periodo luglio-novembre 1942

Elaborazione dei dati dell’USMM (Dati Statistici)