La quarta sponda

Con la guerra italo-turca del 1911-1912 l’Italia aveva acquisito prima le due province ottomane della Tripolitania e della Cirenaica, accomunate poi sotto il nome di Libia, e successivamente il Dodecaneso (1920). I nuovi impegni difensivi derivanti dall’occupazione del litorale libico avevano accentuato la debolezza complessiva della posizione marittima dell’Italia, aggravando i problemi di difesa delle coste. La Libia, la cosiddetta “quarta sponda”, da quando dall’ottobre del 1938 era diventata territorio nazionale, non poteva essere autonoma e la sua conservazione dipendeva dai collegamenti marittimi con la madrepatria. In tempo di guerra la difesa delle rotte tra l’Italia e la Libia sarebbe stata condizionata soprattutto da esigenze di natura logistica e dalla prevedibilità delle stesse.

Nell’organizzazione dei rifornimenti marittimi per la Libia mentre criteri operativi consigliavano, ai fini della concentrazione delle difese e dell’economia delle forze, di riunire i mercantili da avviare oltremare in convogli opportunamente scortati, la logistica richiedeva che in ciascun convoglio fosse riunito soltanto quel numero di mercantili che potevano essere scaricati contemporaneamente nel porto di arrivo.

Secondo uno studio del 1938 dello Stato Maggiore della Marina italiana la ricettività teorica dei porti libici consentiva lo scarico di 5 navi da carico e 4 per trasporto truppe a Tripoli, 3 navi da carico e 2 per trasporto truppe a Bengasi e 3 navi da carico e 2 navi da trasporto truppe a Tobruch. In quanto ai porti di partenza era previsto che a Napoli potessero essere caricati contemporaneamente 14 mercantili, a Bari e a Brindisi 5. Tali capacità si riferivano alle condizioni dei porti in tempo di pace, sarebbero state molto minori in guerra a causa delle prevedibili distruzioni.

Le linee di comunicazione erano inoltre obbligate. Per raggiungere dall’Italia il porto di Tripoli, che per tutta la durata del conflitto in Libia sarebbe stata la più grande base portuale italiana sulla sponda africana, erano possibili soltanto due rotte (Figura 1).

Figura 1

Malta e le rotte del traffico italiano per la Libia. (da A. Petacco “Le battaglie navali del Mediterraneo nella seconda guerra mondiale” – Mondadori 1976)


La prima passava a ponente di Malta, nel corridoio che costeggia la costa tunisina lungo le isole Kerkennah attraversando zone ristrette di mare tra le secche, gli scogli e i prevedibili campi minati, la seconda a levante dell’isola. L’una e l’altra di tali vie marittime convergevano dalle due Sirti, ad imbuto, sul porto di Tripoli.

La rotta di levante rispetto a quella di ponente aveva un percorso più lungo, maggiori difficoltà di protezione aerea ed era più esposta alle azioni offensive a sorpresa provenienti dal Mediterraneo orientale e, come sarebbe accaduto per lunghi periodi, anche dalla Cirenaica conquistata dai britannici.

Malgrado ciò, dopo un primo periodo, la rotta di levante era stata preferita all’altra, specialmente per i convogli veloci (velocità superiore ai 10 nodi), per una maggiore elasticità di movimenti per dirottamenti e manovre non essendo le rotte legate ai campi minati, per la minore prevedibilità della rotta effettivamente seguita, per non passare in fondali facilmente minabili e per la maggiore distanza dall’offesa degli aerosiluranti basati a Malta. Infatti, nell’estate del 1941 erano cominciati ad entrare in servizio a Malta aerosiluranti Swordfish con raggio d’azione incrementato da 100 fino a 160 miglia dalla base. Successivamente, nel dicembre del 1941, sarebbero entrati in azione i Blenheim che avevano più di 300 miglia di raggio d’azione, infine i Beaufort (agosto 1942) sarebbero stati in grado di operare ad oltre 400 miglia dall’aeroporto di partenza.