Il contributo dell’Aeronautica alla protezione del traffico

“Quella della protezione aerea al traffico marittimo fu, unitamente all’altra degli aerotrasporti, una delle attività la cui importanza, la cui intensità, le cui difficoltà non erano state esattamente previste e valutate prima dell’inizio delle ostilità ed alla quale, pertanto, l’Aeronautica italiana non si trovò adeguatamente preparata, soprattutto per quanto riguardava il numero e le caratteristiche dei mezzi che per essa sarebbero stati indispensabili” (biblio 37). Queste considerazioni del generale Santoro, Sottocapo di S.M. della Regia Aeronautica durante tutto l’arco delle ostilità, richiamano alla mente quelle analoghe, precedentemente ricordate, formulate dall’ammiraglio Cavagnari riguardo la Regia Marina. Entrambe finivano per dare ragione alla definizione, attribuita a Mussolini, secondo la quale lo Stato Maggiore è “quell’organo che prepara le guerre di ieri per perdere la vittoria di domani” (biblio 27).

La protezione aerea ad un convoglio doveva opporsi a tre forme di attività del nemico: esplorazione aerea, bombardamento in quota e attacchi di aerosiluranti. Alle tre forme di contrasto si aggiungeva un altro compito della caccia di scorta, quello di segnalare eventuali attacchi di sommergibili.

I caccia di scorta potevano difficilmente opporsi all’azione dei ricognitori nemici che, di solito, agivano a debita distanza dal convoglio ed erano difficilmente avvistabili. Inoltre, l’intercettazione dei ricognitori avrebbe distolto parte della caccia dalla protezione delle navi.

Invece, per opporsi alle altre due forme di offesa, occorreva che il convoglio avesse due distinte formazione di caccia: una ad alta quota, contro i bombardieri, l’altra a bassa quota, contro gli aerosiluranti.

Nei confronti dei sommergibili la caccia era impotente potendo solo segnalare l’eventuale attacco.

La protezione dei convogli ad opera della caccia era pertanto non solo onerosa ma spesso anche soggetta ad errori. Era onerosa a causa dell’autonomia dei velivoli costretti ad operare solo nelle zone di mare più prossime alle coste nazionali e libiche. Per coprire infatti completamente la rotta di un convoglio era stato necessario avvicendare più pattuglie, composte di un numero variabile di aerei a seconda dell’importanza attribuita ad ogni singolo convoglio o nave isolata.

Difficoltà nella protezione del convoglio per mancato avvistamento nascevano invece da diverse cause: dalle cattive condizioni atmosferiche, dalla mancata, ritardata o anticipata e non tempestivamente segnalata partenza del convoglio stesso, da improvvise e non segnalate deviazioni di rotta delle navi, dalla diversa composizione del convoglio da quella originariamente indicata, che determinava incertezze nell’identificazione aerea. Al mancato o non tempestivo intervento aveva contribuito anche l’assenza di un’aviazione imbarcata, argomento tanto controverso e dibattuto prima e dopo la guerra. Infine, nelle ore notturne, dal crepuscolo serale al crepuscolo mattutino, la caccia non aveva potuto operare, per carenze di carattere tecnico e operativo. Questo intervallo temporale sarebbe stato invece preferito dal nemico col crescere delle disponibilità di radar e altre dotazioni.

Dall’11 giugno 1940 all’8 settembre 1943, la Regia Aeronautica aveva effettuato 206.346 voli bellici per complessive 525.000 ore. Nel medesimo periodo, la ricognizione marittima aveva effettuato 31.107 missioni (di cui il 70% antisom) per complessive 125.893 ore di volo. Inoltre, alla data del 10 giugno 1940 i velivoli in reparti operativi della Regia aeronautica erano 3.296 (ad esclusione di quelli in Africa Orientale), di cui 427 idrovolanti. Nel corso del conflitto l’industria aveva prodotto altri 9.288 aerei, di cui il 70% circa di prima linea, cioè 6.500 circa (673 idrovolanti). Complessivamente, quindi avevano operato 9.800 velivoli, solo 1.265 dei quali erano presenti alla data dell’armistizio. Comparativamente gli idrovolanti operativi erano stati 1.100, dei quali 235 erano presenti all’armistizio. Complessivamente l’idro-aviazione con l’iniziale 13% circa della forza aerea combattente aveva assicurato il 24% di tutte le missioni della Regia Aeronautica (biblio 30).

Anche i reparti dell’Aeronautica avevano svolto missioni a protezione di unità navali in navigazione. Bombardieri, aerosiluranti e ricognitori strategici avevano svolto complessivamente 3.730 voli per scorta antisommergibile e 11.390 per esplorazioni e per ricognizioni mentre i caccia 33.930 voli per la scorta antiaerea e 2.120 per esplorazioni e per ricognizioni (biblio 37, pag. 436).

Confrontando i circa 37.000 voli di scorta aerea effettuati con tutti i tipi di velivoli e i circa 4.400 convogli navali da e per i porti italiani d’oltremare si ottiene una media di circa 8 velivoli per convoglio. Nel caso limite che tutti i voli di scorta aerea fossero andati a beneficio dei circa 1.250 convogli per l’Africa settentrionale si otterrebbe un rapporto di 30. Valori molto bassi. Infatti, considerando il traffico per la Libia e il caso più favorevole di un convoglio diretto a Tripoli per la rotta di ponente con la scorta di velivoli M.C. 200, sarebbero occorse “10 pattuglie, utilizzando soltanto Pantelleria e per 8 ore, e 13, utilizzando Pantelleria e Lampedusa e per 12 ore e mezza: con pattuglie di 6 velivoli ciascuna, 60 o 78 velivoli complessivi, rispettivamente” (biblio 37, pag. 441).

“Appare pertanto difficile attribuire alla copertura aerea con velivoli da caccia un ruolo decisivo nell’ambito della difesa del traffico italo-tedesco alla volta dell’Africa” (Cernuschi , …Sulla battaglia dei convogli 1940-1943“-, 2005).