I mezzi di contrasto britannico

Nella “battaglia dei convogli” mediterranei i britannici avevano impiegato massicciamente soprattutto sommergibili ed aerei provenienti non solo da Malta ma anche da Gibilterra, Creta, Alessandria, dal Medio Oriente e, in alcuni periodi, dalla Cirenaica.

Il Mediterraneo sarebbe stato il principale campo d’azione dell’arma subacquea della Royal Navy, basata ad Alessandria e a Malta con la perdita di 41 battelli, più tre greci e un degaullista. Il consolidamento di Malta nel dispositivo offensivo britannico avrebbe determinato, tra dicembre 1940 e gennaio 1941, il completo rinnovamento dell’iniziale distaccamento di sommergibili, con la sostituzione dei superstiti tre grandi della classe “T”, inviati a Gibilterra a costituire la nuova VIII flottiglia, con sei più piccoli della classe “U”. Successivamente dal 1° settembre 1941 sarebbe stata costituta sull’isola la nuova X flottiglia, non dipendente più dalla I di Alessandria.

La Royal Navy aveva impiegato unità navali di superficie, essenzialmente da Malta, solo per brevi periodi (aprile-maggio 1941, ottobre-dicembre 1941 e dal novembre 1942). Si era trattato però di poche unità navali leggere (cacciatorpediniere e incrociatori) che però, anche grazie alla fonte informativa Ultra, avevano conseguito cospicui risultati.

Il contributo, per quanto discontinuo, degli aerosiluranti imbarcati era terminato alla fine di maggio 1941, quando con il danneggiamento della Formidable tutta l’attività sarebbe ricaduta fino ad ottobre sull’unico reparto (squadron) dislocato a terra, a Malta. Successivamente avrebbero operato al massimo cinque squadron contemporaneamente tra Malta e l’Egitto (in confronto, a fine 1942 la Regia Aeronautica disponeva di 9 gruppi siluranti equivalenti agli squadron britannici).

Dall’autunno del 1942 i britannici avevano beneficiato del supporto strategico dell’aviazione degli Stati Uniti alla “guerra dei convogli” che aveva reso possibile l’allargamento dell’offensiva contro i rifornimenti dell’Asse sul fronte libico, includendo tra i possibili bersagli le principali basi di partenza dei convogli navali che facevano la spola tra la penisola e la “quarta sponda”. La 9ª Air Force dell’USAAF, dopo un primo ciclo di missioni sui porti della Libia (Bengasi e Tripoli), dal 4 dicembre 1942 aveva iniziato ad operare sul territorio italiano bombardando il porto di Napoli. Tale contributo si sarebbe concluso con la caduta della Tunisia il 13 maggio 1943.

Rispetto al totale del tonnellaggio mercantile dell’Asse affondato dagli Alleati (1.278 unità), i sommergibili erano stati (biblio 20) la prima causa dei successi (36,5%), seguiti (23%) dai bombardieri e (10,8%) dagli aerosiluranti (due terzi attribuibili ai velivoli dislocati a Malta).

La maggior parte degli affondamenti con bombe era invece avvenuto in porto (16,5%), e circa il 10% dal novembre del 1942, cioè dalla comparsa degli Americani nel Mediterraneo. Alle unità navali di superficie è invece attribuibile una percentuale molto bassa di affondamenti (5%).

Restringendo il campo ai soli affondamenti in navigazione, ai sommergibili spetta, come già ricordato, più della metà dei successi, mentre alle navi di superficie è attribuibile il 9,6% (esclusi autoaffondamenti e cause accidentali).

Tabella 9: naviglio italiano perduto in Mediterraneo dal 10 giugno 1940 all’8 settembre 1943.

Elaborazione dei dati da “La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale - Volume I “Dati statistici” - U.S.M.M. 1972, (pag. 214-226 e 230-239).