All’alba della Seconda Guerra Mondiale, il Cantiere Navale di Monfalcone si trovava in una fase di grande espansione e innovazione, frutto di anni di sviluppo e del consolidamento delle sue capacità produttive. Negli anni Trenta, grazie alla spinta dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) e alla nascita della holding finanziaria Finmare, il cantiere era diventato leader europeo nella costruzione di navi mercantili, passeggeri e sommergibili. Un esempio emblematico di questa fase fu la realizzazione delle navi Neptunia e Oceania, costruite per la rotta del Sud America, e di altre unità di prestigio come la Stockholm, simbolo di eleganza e innovazione per l’epoca.
Nel 1939, alle porte della guerra, la Finmare approvò un programma di ammodernamento della flotta, con un’attenzione particolare alla realizzazione di nuove navi per il trasporto di merci e passeggeri. Un esempio di questo programma fu la motonave mista Calino di 5.185 tonnellate di stazza lorda. Varata nel 1939 e destinata ai servizi sovvenzionati con l’Egitto e il Levante, la nave fu arredata con eleganza e razionalità, testimoniando l’elevata capacità del cantiere di Monfalcone di realizzare navi confortevoli e moderne. Tuttavia, con l’entrata in guerra dell’Italia, la Calino fu requisita dalla Regia Marina per essere utilizzata nelle operazioni militari nel Mediterraneo, evidenziando come il conflitto iniziava a influenzare la destinazione delle navi costruite a Monfalcone.
Con lo scoppio della guerra, il Cantiere Navale di Monfalcone subì gravi conseguenze a causa del conflitto. L’intero settore della cantieristica navale, che fino a quel momento si era focalizzato su unità passeggeri, sommergibili e mercantili, dovette adattarsi alle esigenze belliche, producendo prevalentemente navi da guerra, mezzi di trasporto per truppe e altre unità militari.
Uno degli episodi più emblematici legati al cantiere durante la guerra riguarda la motonave Andrea Gritti, progettata come nave da carico per la Società Italiana d’Armamento di Fiume. Consegnata nel luglio del 1943, fu immediatamente requisita dalla Regia Marina per essere utilizzata in operazioni belliche. La guerra non solo influenzò la produzione del cantiere, ma determinò anche una drastica riduzione delle attività a causa delle difficoltà logistiche e delle restrizioni imposte dal conflitto.
Uno dei momenti più drammatici per il cantiere fu la distruzione subita durante i bombardamenti alleati del 1944. Le incursioni aeree colpirono duramente le infrastrutture, causando danni ingenti che resero necessaria la ricostruzione completa degli impianti al termine del conflitto. Tuttavia, nonostante le difficoltà, il cantiere continuò a produrre unità per la guerra, adattandosi alle esigenze della Regia Marina e contribuendo con la costruzione di motonavi e sommergibili utilizzati nel Mediterraneo.
Nel 1945, con la fine del conflitto, il Cantiere Navale di Monfalcone si trovò in una situazione devastante: molti dei suoi impianti erano stati distrutti e l’attività produttiva era stata gravemente compromessa. Tuttavia, grazie all’intervento del Governo Militare Alleato e dell’IRI, iniziò la seconda ricostruzione della sua storia, che portò al rilancio della cantieristica italiana e alla ripresa della produzione nel dopoguerra.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il Cantiere di Monfalcone rappresentò uno dei principali poli produttivi dell'industria bellica italiana, sebbene il passaggio dalla produzione civile a quella militare non fu senza difficoltà. La conversione alle necessità del conflitto rese necessaria una riorganizzazione interna delle linee produttive. Le unità da trasporto passeggeri furono in parte riconvertite in mezzi di trasporto truppe, mentre la produzione di sommergibili, che già dagli anni Trenta era fiorente, si intensificò ulteriormente.
La priorità data alle esigenze della guerra comportò una forte pressione sui lavoratori del cantiere, molti dei quali furono costretti a lavorare in condizioni estreme, tra carenza di risorse, bombardamenti aerei e continui problemi logistici legati alle forniture di materiali. I bombardamenti alleati sul cantiere rappresentarono un punto di svolta drammatico: le incursioni aeree nel 1944 non solo distrussero gran parte delle strutture produttive, ma interruppero le attività produttive per diversi mesi, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa dell’impianto.
Uno degli aspetti più significativi del periodo fu la requisizione delle navi civili da parte della Regia Marina. Navi come la Calino e l’Andrea Gritti vennero utilizzate per missioni di rifornimento nel Mediterraneo e per trasporto di truppe, evidenziando come la cantieristica monfalconese fosse stata completamente piegata alle necessità militari italiane.
Nonostante la distruzione causata dalla guerra, il cantiere riuscì a riprendersi relativamente in fretta grazie agli interventi dell’IRI e del Governo Militare Alleato. La ricostruzione fu rapida, e già nel dopoguerra Monfalcone tornò a essere un attore di primo piano nella costruzione di navi passeggeri e mercantili, dimostrando la sua capacità di rinascere dalle macerie del conflitto.